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lunedì 22 giugno 2015

Estratto da "i Vampiri" di Romolo Ferrantini

Ecco il prologo di "Come i vampiri", scherzo lirico e satirico di mio nonno, scritto nel 1909:

Come i Vampiri

Un prologo e un atto
di
Romolo Ferrantini



Genova

Tipografia “Arte Mondana”


Scherzo lirico e satirico
in un prologo e un atto. 


L’azione si svolge in un paese,
anzi, nel Bel Paese di Vattelapesca.
Epoca, purtroppo presente.




Prologo

Mastro Pasticcia, dopo aver fatto un profondo inchino, incomincia.

Se il gran Poeta del cruccioso Achille
immortalò ne versi il furbo Ulisse.
Se il pieghevole Ovidio insegnò i mille
modi d’amare. Se Virgilio scrisse
l’avventura di quel fiero troiano
che origin diede al popolo Romano.

Se l’Alighieri scese a satanasso,
al Purgatorio e poi salì alle stelle.
Se Francesco Petrarca, Ariosto e Tasso
ci descrissero tante cose belle,
cantandoci di Laura tanto amata,
del fiero Orlando e della Liberata.

Se il buon Leopardi, col verso soave,
cantò di Silvia e del suo amor profondo.
E se d’Annunzio disse alla “Nave”
Arma la prora e salpa verso il mondo.
Nessun parlò di succhioni e succhiati
di ladri in guanti gialli e d’affamati.

Io sol perciò sarò l’umil cantore
che vendicando il vergognoso oblio,
metterò alla berlina il malfattore
che sfrutta questo mondo falso e rio
e perciò vi dirò con questo canto
di quei Vampiri ch’han succhiato tanto.

C’è un angolo di mondo così bello,
e forse a tanti molto conosciuto,
che si assomiglia al nostro un tantinello
tra voi però ben pochi l’han veduto
perché se pur non è tanto distante
per andar là bisogna farne tante.

Io non potrei ridir come v’andai;
il vino che bevetti il giorno avanti
mi trascinò in un gran mare di guai.
E poiché il vino piace a tutti quanti…
e il suo maggior consumo è tra i signori
piace a me pur che vivo nei dolori.

Dunque quando fui giunto al “Bel Paese”
che a prima vista mi sembrò dei stolti,
vi trovai della gente assai cortese
e mi parve vedere in mezzo a molti
un uom che per quanto comandava
ognun per il naso lo menava…

E a lui che immaginai fosse il padrone
del territorio di Vattelapesca,
m’avvicinai con molta precauzione;
ma incontro mi mandò la sua fantesca
la qual con fare ardito e risoluto
recommi del regnante il suo saluto.

O donna bella, o donna assai graziosa,
che dall’aspetto sembri un po’ malata,
dimmi, sei tu del re la dolce sposa?
Ed ella mi rispose: Io sono stata
e sarò sempre la schiava di tutti
ier de’ stranieri ed or dei farabutti.

Ma il saper questo a te non ti conviene,
perché dalla tua giacca consumata
comprendo che non sai farmi del bene.
Ti dirò invece chi m’ha rovinata
e se verrai con me qualche mezz’ora
potrai veder chi gode e chi lavora.

Poi detto questo mi condusse via
facendomi passare per strade strette
brutte e tutte pien di……
che per andar prendemmo due barchette.
E arrivati che fummo presso il mare
entrammo in un casotto a desinare.

Là ci trovammo in mezzo a tanta gente;
tutti facchini dai visi abbronzati
che mangiavano il pane solamente,
al par di tanti poveri affamati:
eppur quella gente lavorava
e per cibarsi il solo pan mangiava.

Uscii di là col cuore addolorato
e con la mente mia triste e confusa
maledicendo questo brutto stato,
ma la guida sorpresa disse: Scusa,
se impressione t’ha fatta l’osteria
guarda la gente che dorme per via…

Qui non soltanto il buon lavoratore
soffre fatica e mangia il pane nero
languendo tra gli spasmi e il dolore
ma perfino un tugurio, questo è vero,
non ha per riposarsi e nell’inverno
il suo padron di casa è il Padre Eterno,

E se dopo un milione di preghiere
gli si concede un misero riparo
ci deve perder la giornata intiera
a supplicar per poi pagarlo caro,
ma prima di occupar l’appartamento
deve fare perfino il testamento.

Infatti si domanda in prima cosa
che numero possiede di bambini;
l’età che potrà avere la sua sposa
se lui guadagna pochi o assai quattrini;
se presentare può la garanzia,
l’atto del matrimonio, e …così sia.

E dopo questo per abitazione
gli si dà un sito brutto, sporco e tetro
al primo piano sopra al cornicione
col cesso largo appena mezzo metro
nel quale manca l’acqua e la cucina
è scura e bassa come una cantina.

Le strade ben le vedi sono strette;
dalle finestre pendono i lenzuoli,
le camicie, le maglie, le calzette
e i vasi della…dai poggioli.
Perché da queste parti non ci viene
neppure lo spazzino dell’igiene.

Quel grande casamento è l’ospedale
che dovrebbe ospitare il sofferente;
ma credi tu che lì si curi il male?
Tutt’altro caro mio, tu non sai niente:
chi entra in quel grandissimo palazzo
potrà uscir, dopo tanto o morto o pazzo.

E quella casa bassa che tu vedi
con quel giardino e quelle vecchie mura
quella è la scuola, ma se tu non credi,
apri la porta e non aver paura.
Guarda che angusti siti umidi e stretti,
ebben qui si fa scuola ai fanciulletti.

E quel che vedi seduto
in mezzo a tutti coi capelli bianchi,
è il buon maestro che non ha un minuto
di tregua e che guadagna ottanta franchi.
Come, ti fa impressione o pur t’incanta?
che un maestro guadagni due e cinquanta?

O caro mio, c’è allor chi sta più male
del povero maestro e non si lagna…
C’è chi lavora nel meridionale
 e in altre terre, che appena guadagna
settantacinque centesimi al giorno
e quando piove non guadagna un corno.

Ed or ch’hai visto una piccola parte
di questo regno pien di poveretti
seguimi che vedrai il regno di marte
lo stato dei signori dei protetti:
ma prima che tu entri in questo sito
per carità abbottonati il vestito.

Perché se questa gente che ti mostro
porta il colletto, i guanti, il bastoncino
e le mani non ha sporche d’inchiostro
al par di un affamato scribaccino,
possiede per disgrazia certi denti
che sanno masticare i bastimenti.

Dunque, dopo mezz’ora di cammino
ci trovammo in quartieri lindi e belli
dove in ogni piazza c’era un bel giardino
pien di rose violette e campanelli;
le vie pulite; i negozi ordinati;
finestre belle e portici dorati.

Osserva disse allor la guida mia,
l’uguaglianza social di questo regno,
qui l’ordine, laggiù la porcheria,
qui le ricchezze, là li stracci in pegno:
e per di più, in questo caro paese,
qui c’è chi spende, là chi fa le spese!

E quella specie di tempio pagano
che vedi pien di pubblico stimato,
è la Borsa che succhia piano, piano
il sangue del commercio e dello stato.
Ma sai come la chiama il popolino?
La Borsa del brigante Mussolino!

Però mentre noi due si camminava
usciva da un bellissimo villino,
un uomo ben vestito che portava,
guanti, catena d'oro, l'occhialino
e dava il suo gran braccio a una signora
col pelo…come i gatti dell'Angòra…

Chi è quel personaggio altolocato
con quel gran collo e quella grossa pancia?
La guida mi rispose. È un blasonato
che n'ha fatte più lui che Carlo in Francia,
e quella dama che gli sta vicino
era alloggiata un giorno in un……

Han svaligiato Banche e Ministeri;
sottraendo danari e documenti
e che profondi inchini che gli fanno
benché vivan rubando tutto l'anno.

Ma tante cose ancor ti vorrei dire,
e tante vorrei fartene osservare,
se non incominciasse ad imbrunire.
Seguimi dunque e presto andiamo via
perché devo recarmi a casa mia.

Tutto dicesti; tanto già narrasti,
dissi alla guida che mi stava accanto
ma del regnante tuo non mi parlasti.
E…sul suo conto avrei da dirne tante…
ma non lo posso, disse; è tanto il male
che ho paura del Codice penale!

Poi non vidi più nulla. Mi svegliai
di soprassalto guardando confuso,
e la mia guida non ritrovai.
M'ero dunque sbagliato? M'ero illuso?
Non lo potrei spiegar! Voi lo sapete
che il Bel Paese conoscete.

Perciò io da tal sogno ebbi l'idea
di riprodurvi un po' la scena vera
di qualcosa di quel che visto avea.
M non potendo far la scena intiera
mi limitai a presentarvi solo
alcuni personaggi a volo.

Dunque son certo che mi scuserete
e per di più vorrete compatire
quanto vi dissi; quello che vedrete
e tutto quello che potrà avvenire.
Però, se in tutti i casi v'annoiate,
prendetemi soltanto a bastonate.


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