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mercoledì 23 dicembre 2015

Il primo Natale di Iunta


Vi avevo promesso che vi avrei raccontato del mio primo Natale (anno 2000).
Ecco un estratto della mia autobiografia:

"Ma torniamo al Natale, cui accennavo prima. Immaginate la mia sorpresa quando per la prima volta ho visto papi montare nell'ingresso una specie di albero, decorandolo con luci e palline colorate. Poi ha aiutato Mami a portare nell'ingresso la mia ex casetta di legno, che Mami ha coperto con un lenzuolo, carte colorate e riempito di statuette. Ero già arrivata da qualche tempo alla conclusione che gli umani sono molto simpatici, ma a volte molto strani, e questa era un'ennesima conferma: in questa occasione sembravano tutti matti! Poi una notte, verso il mattino, quando cominciavo a risvegliarmi ho sentito strani passi a più riprese nell'ingresso e il rumore di pacchetti deposti ai piedi dello strano albero. Ho annusato i pacchetti, ma con ho notato nulla di speciale. C'era solo un buon profumino, che proveniva però dalla parte alta dell'albero, e qualcosa mi diceva che cercare di raggiungerlo, facendo probabilmente cadere l'albero con tutte le sue palline non era probabilmente una buona idea ma fonte di guai sicuri. Sono così  tornata a dormire. Quando ormai era chiaro papi si è alzato. Alla luce del giorno ho avuto la conferma che ai piedi dell'albero c'erano tanti pacchetti, e qualcuno anche sui rami. Poi sono uscita per la solita passeggiata mattutina. Tutti gli umani erano più gentili del solito e si salutavano con una cordialità particolare.
Rientrati a casa, dopo un po' è arrivata anche la mia "rivale" Claudia. Non ve ne ho ancora parlato? Lo farò presto.
Si sono radunati tutti con aria festosa vicino all'albero: Mami, Papi, Mauro e Claudia e hanno cominciato a prendere uno a uno e i pacchetti, aprendoli con gridolini di gioia. Tra i primi hanno preso dalla parte alta dell'albero un pacchetto, porgendomelo: ecco da dove veniva l'odorino delizioso! L’ho scartato con i denti e ho trovato un oggetto marroncino traslucido a forma di scarpa. A me è sempre piaciuto rosicchiare scarpe e pantofole, ma ho appreso da tempo che la cosa non è gradita ai miei padroni e così, a malincuore, ho rinunciato. Ma questo era un caso differente: era qualcosa chiaramente destinato a me e per di più con un ottimo profumo mangereccio. Ho cominciato a sgranocchiare la scarpetta con voluttà, rotolandomi sulla schiena, senza quasi accorgermi degli altri che continuavano a scartare pacchetti, scambiandosi abbracci affettuosi.

Questo è stato il mio primo Natale, di cui serbo un’immagine piacevolissima nella mia mente. Negli anni seguenti, quando vedevo gli stessi preparativi ero contentissima, aspettando con ansia il momento della distribuzione dei pacchetti regalo, dove non mancava mai il mio."


Ciao a tutti.

Iunta

Il libro completo è  disponibile qui: Autobiografia di un quattro zampe

lunedì 21 dicembre 2015

Autobiografia di Iunta

Sono un best seller!!! Al numero 8 in autobiografie! Che emozione! Aiutatemi a restare in classifica comprando il mio libro su:    http://www.amazon.it/dp/B018UNRPJ2/
              Iunta

Prossimamente su questo blog un estratto del mio libro relativo al mio primo Natale...   







giovedì 3 dicembre 2015

L’uomo e il cane - Anime allo specchio

L’ANIMA ANIMALE
Il Cane è il completamento dell’Anima. O, meglio, è quella parte animale di cui ogni anima ha bisogno per potere albergare in un corpo.
Il Cane ti si siede davanti e ti osserva. Ti accorgi con stupore di quanto ciò sia meraviglioso: essere osservato dall’Anima-Animale. Io riconosco il Cane come Anima con lo stesso trasalimento del selvaggio che per la prima volta si guarda in uno specchio, dove c’è un essere mai visto prima che fa delle facce.
Dell’Anima finora si vociferava ma in realtà nessuno l’aveva mai veduta. Ci si credeva, sì, a parole, ma in realtà nessuno, fosse stato questione di vita o di morte, le avrebbe mai affidato il proprio corpo. Ma adesso, con il Cane lì seduto, e che ti osserva, una specie di guardiano, hai la prova che l’Anima ha una parte animale, operativa, capace di salvazione o di condanna.
C’è un dipinto medievale di scuola tedesca dove si vede Giuda impiccato. Un diavolo ne aspetta al varco l’anima che gli esce dalla pancia. È  nera e rassomiglia a un can barbone. Giuda era stato traditore.
Io capisco se sono stato onesto o traditore dalle posture del mio Cane. Se sono stato onesto egli mi si corica davanti sulla schiena, tutto a gambe larghe, completamente offerto, perché, come me, non ha nulla da temere. Un importante, confortante segno.
Come l’Anima, il Cane è tentato dalle porcherie. Le mangia avidamente e le lecca. Ma non bisogna respingerlo quando ti passa quella stessa lingua sul volto o addirittura su piccole ferite. La sua saliva ha un forte potere curativo. Dicono che Fibonacci, il matematico pisano cui si deve la mirabile serie di numeri, seriamente ferito, si facesse leccare le piaghe dai cani.

L’ANIMA  UMANA
L'Uomo è il completamento dell’Anima. O, meglio, è quella parte umana di cui ogni anima ha bisogno per potere albergare in un corpo.
L'uomo ti sta in piedi davanti e ti osserva. Ti accorgi con stupore di quanto ciò sia meraviglioso: essere osservato dall’Anima-Uomo. Io riconosco l"I'Uomo come Anima con lo stesso trasalimento del selvaggio che per la prima volta si guarda in uno specchio, dove c’è un essere mai visto prima che fa delle facce.

Dell’Anima finora si vociferava ma in realtà nessuno l’aveva mai veduta. Ci si credeva, sì, ad abbai, ma in realtà nessuno, fosse stato questione di vita o di morte, le avrebbe mai affidato il proprio corpo. Ma adesso, con l'Uomo lì in piedi, e che ti osserva, una specie di guardiano, hai la prova che l’Anima ha una parte umana, operativa, capace di salvazione o di condanna.

Ho sentito dire che c'è stato un sogno di un pastore tedesco che aveva visto un cane tradito impiccato da un uomo. Un diavolo aspettava al varco l’anima che gli esce dalla pancia. Era bianca, macchiata di rosso e rassomigliava a un uomo dalla faccia triste. Il cane era stato rubato al suo padrone e tradito da un altro uomo.

Io capisco se mi sono comportato in modo onesto o traditore dalle posture del mio padrone . Se sono stato onesto egli mi si presenta mentalmente aperto, completamente offerto, perché, come me, non ha nulla da temere. Un importante, confortante segno.

Come l’Anima, l'Uomo è tentato dalle porcherie. Ne compie molte avidamente e se ne compiace. Ma non bisogna respingerlo quando xti passa quella stessa mano impura sul volto o addirittura su piccole ferite. Il suo tocco ha un forte potere curativo. Dicono che Fido Bonacci, il cane pisano cui si deve una mirabile serie di famosi e illustri ululati, seriamente ferito, si facesse accarezzare le piaghe dalle mani degli uomini.

lunedì 23 novembre 2015

Autobiografia di un quattrozampe

IUNTA GRAZIANO

AUTOBIOGRAFIA DI UN QUATTROZAMPE
trascritta dal mio papi Pier Giorgio


Prefazione di Iunta

Un grande ringraziamento al mio papi, che ha reso possibile la trascrizione di questo libro, grazie allo speciale contatto mentale che si stabilisce facilmente tra noi per il grande affetto  e amore che ci unisce.
Funziona così: io rimugino nella mia testolina gli avvenimenti recenti e passati, quelli più recenti più nitidi e precisi e quelli più lontani più sfumati, o quasi persi nelle nebbie del mio subconscio.
Il papi percepisce tutto questo e lo trascrive. Poi me lo rilegge, almeno in parte e io esprimo il mio assenso con scodinzolate  e grugnitini di soddisfazione, oppure il mio dissenso con qualche piccolo abbaio.
Naturalmente quando il papi legge, come sempre quando parla, non  capisco perfettamente tutto quello che dice, ma percepisco comunque abbastanza bene il senso generale, grazie allo speciale rapporto che ci unisce.
Vi assicuro quindi che la trascrizione rende molto bene quanto ho voluto esprimere, anche se qualche volta il papi tende a umanizzarmi forse un po' troppo. Ma io dopo tanti anni di convivenza con i miei amati bipedi, mi sento effettivamente alquanto simile sotto molto.
Concludo con quello che considero il miglior complimento che posso fare al mio papà: in questa occasione ha scritto veramente da cane! E questo per me è un grande e positivo apprezzamento, anche se mi rendo conto che potrebbe essere forse mal interpretato da qualche umano.

Nota: tutte le persone citate nel libro sono assolutamente reali e  i fatti raccontati veramente accaduti. Qualche piccola imprecisione potrebbe essere scaturita solo dalla difficoltà di una perfetta trasmissione delle mie idee e dei miei ricordi al mio papà che, nonostante tutto, potremmo non essere riusciti a correggere completamente nella fase congiunta di revisione.




martedì 3 novembre 2015

Leucosia


Alla "Sirena" Serena, mia moglie,che mi ha ammaliato 
e felicemente incantato per una vita intera.

Leucosia

«Alle Sirene giungerai da prima,
Che affascinan chiunque i lidi loro
Con la sua prora veleggiando tocca. »
(Omero. Odissea XII, 52-54.
Traduzione di Ippolito Pindemonte)

Una calda mattinata estiva. Erano solo le sei del mattino quando Mario prese lentamente coscienza del suono insistente della sveglia. Alzatosi e aperta la finestra l'aria si rivelò già calda e afosa. La camera era rinfrescata da una piacevole aria condizionata che la sera precedente aveva prudentemente regolata al minimo, ma aperte le imposte, invece di una piacevole brezza mattutina era sorprendentemente entrata una ventata di aria calda. Mario scese a fare una rapida e frugale colazione nella sala terrazza dell'hotel Sirena, incontrandosi con gli amici e compagni di avventura.
Mario, sui quarant'anni, fisico asciutto, di statura medio alta, con pizzetto nero, capelli scuri portati corti, era single.
Salutò con piacere il gruppo col quale si sarebbe immerso oggi: un amico single come lui, Carlo e due coppie, già presenti a colazione: Anna e Nando, Giuliana e Vito.
Quasi coetanei, erano stati suoi compagni di un corso di immersioni a Torino, e conseguiti i relativi brevetti, amavano ora fare spesso immersioni insieme, durante i periodi di vacanza..
Si salutarono rapidamente e, anche se ancora assonnati, si scambiarono qualche battuta scherzosa, rimirando lo splendido spettacolo del mare calmissimo che lambiva la costa del Cilento, su cui si affacciava la balconata dell'Hotel.
Terminato rapidamente il caffè e la semplice colazione preparata apposta per loro, ospiti così mattinieri, dalla gentile gestora dell'albergo, risalì come gli altri in camera, prese l'attrezzatura e un piccolo bagaglio, raggiungendo i compagni e salendo con loro su di un furgoncino, che avevano lasciato parcheggiato nel garage dell'albergo..
Carlo si mise alla guida dicendo: "Oggi faremo finalmente un'immersione al largo della punta di Licosa, luogo, secondo alcuni, delle mitiche Sirene di Ulisse. Chissà se ne incontreremo qualcuna!".
Giunti a un porticciolo, poco più a Nord, si imbarcarono, dopo aver indossato le mute, su di un gommone che un ragazzo del posto aveva già preparato per loro.
Il giovane si diresse sul punto prefissato per l'immersione e ancorò l'imbarcazione.
Indossata tutta l'attrezzatura, completa di bombole, uno a uno, si gettarono in mare di schiena.
Attraverso le mute apprezzarono comunque la piacevole frescura dell'acqua.
Il gommone era ancorato in prossimità di una parete rocciosa che sprofondava nel blu.
Raggiunsero con una breve nuotata, spinti dalle pinne, il punto stabilito per l'immersione. Pian piano, sgonfiando i giubbotti Gav (giubbotti gonfiabili per regolare l'assetto di galleggiamento), si lasciarono affondare lentamente sotto il peso dei piombi agganciati in cintura.
Intravidero presto la meta della loro immersione: una specie di scala naturale, creata dal mare a circa trenta metri di profondità che man mano scompariva negli abissi, fin dove giungeva lo sguardo. 
Superato un branco di piccole e numerosissime castagnole che pullulavano, quasi in superficie, scorsero alcuni saraghi e, scendendo ulteriormente, sagome di dimensioni maggiori: ricciole, dentici e cernie
Raggiunsero presto una zona dove le rocce erano ricoperte da coralli, e poco più sotto, una tettoia pietrosa, decorata con magnifici parazoanthus gialli e arancioni frammisti a gorgonie rosse.
L'acqua era limpidissima. La parete, sotto la sporgenza, proseguiva quasi verticale verso l'abisso più profondo. Una grossa murena sporgeva la testa minacciosamente spalancata da una fessura in un masso. Il gruppo si fermò un attimo fotografandosi a vicenda in quello spettacolo affascinante.
Avvistarono anche una grossa cernia in posizione a candela, che sembrava quasi essersi messa in posa per essere fotografata. Doveva essere un animale esperto che si era ben reso conto che quel gruppo di subacquei non era dotato di fucili ed era quindi innocuo. La sua esibizione fu ripagata da una serie di scatti fotografici da parte di tutto il gruppo. Ormai erano poco oltre i trenta metri di profondità.
Mario ebbe l'impressione di vedere un grosso dentice e, dimentico degli altri, si immerse ancora più a fondo, inseguendo l'immagine sfuggente. Il pesce si immergeva sempre più giù, con la coda argentea e lucente in movimento sinuoso ed elegante. Ma no, non era un dentice! Incredibile! Eppure… era proprio una Sirena! Bella e impossibile, ma inconfondibile con in evidenza il busto femminile elegante e affascinante. L'oscurità abissale stava quasi nascondendola alla sua vista, ma Mario la inquadrò nel potente fascio della sua torcia, mettendo in evidenza le sinuose spalle e l'affascinante petto con due seni dolci e incantevoli. Dove aveva già visto uno spettacolo così meraviglioso? Ma certo Guendalina! Amore appassionato di una notte lontana, poi misteriosamente improvvisamente scomparsa. Ma eccola lì, nuovamente e imprevedibilmente alla sua portata. Il sangue del subacqueo si infiammò in una vampata di desiderio, nell'ansia di abbracciare nuovamente Guendalina, perdendosi in un incantevole atto d'amore ancora una volta con lei. Ma una preoccupazione improvvisa attanagliò Mario: come fare all'amore con una Sirena? Dove...? Mario si riproverò subito di questi pensieri tanto carnali, di fronte ad una creatura così celestiale (o meglio, così acquatica , doveva piuttosto dire?) Gli sarebbe bastato sfiorare i suoi capelli biondi e quegli amorevoli turgidi capezzoli con uno sfuggente bacio per essere eternamente felice. Ecco come mai era sparita! Era diventata miracolosamente una divinità marina!
Con emozione attivò, con la pressione di un dito sulla maschera, l'avvio della registrazione dell'apparecchio video in essa incorporata. Che fantastica ripresa avrebbe ottenuto!
Mario, dimentico di tutto, scendeva sempre più giù, senza far caso agli allarmi del suo computer, che cercava di avvisarlo che aveva abbondantemente superato la profondità di sicurezza e i relativi tempi di immersione.
Neanche la torcia serviva più: l'incantevole Sirena emanava ora una luce propria, nitida e sempre più invitante nel buio della profondità del mare.
Ed ecco la sua dolce bocca si apriva in modo armonioso, emettendo un canto ammaliante. Come era possibile sott'acqua? Eppure il nostro sub ascoltava nettamente la incantevole voce di Guendalina che diffondeva la melodia del classico che aveva accompagnato il momento magico del loro incontro, suonando a ripetizione sul suo giradischi durante la loro indimenticabile notte di amore: "Stranger in the night"; e Mario, in preda ad una profonda nostalgia e un rinnovato desiderio infinito, si sentiva veramente uno sconosciuto che si aggirava solo e sperduto nella notte, nel buio del mare, attirato dalla luce della sua amata, come una falena dalla luce di una lampada.
Si sentiva inebriato, incapace di pensare ad altro se non al desiderio di raggiungere la dolce creatura, così vicina. Troppo preso dall'esaltazione dell'inseguimento della sua amata non si rese conto di essere ormai preda di una ebbrezza da profondità, dovuta alla quota profonda, oltretutto raggiunta troppo velocemente.
Il suo senso di esaltazione crebbe a dismisura, fino ad arrivare ad uno stato di emozione tale da provocargli un violento affanno.
All'improvviso, immerso nella sua infinita estasi, perdette i sensi.
La Sirena Leucosia (questo era il suo nome) finalmente arrestò la sua discesa, si avvicinò a Mario, lo osservò attentamente e, per esser sicura del risultato letale della sua azione, con mani esperte gli sgonfiò completamente il giubbotto di galleggiamento, lasciando che fosse trascinato dal peso dei piombi verso l'abisso. Quindi estrasse dal suo marsupio, posto al confine fra la sua morbida pancia dall'aspetto umano e le squame della coda, una specie di lavagnetta, cancellando il numero 998 e scrivendo 999.
Ancora uno, pensò, e finalmente potrò andare in pensione! Cosa che desiderava da quando quel furbastro di Ulisse, tanto tempo fa, le era sfuggito, suscitandole gli aspri rimproveri dei suoi superiori: pare che quel tipo fosse uno importante! Per colpa sua le avevano aumentato a dismisura il numero delle vittime da raggiungere prima della sospirata cessazione della sua attività! Bei tempi comunque allora! Gli uomini non si immergevano ancora sott'acqua e non c'era tanto traffico di barche in superficie. Si poteva fare il proprio mestiere di Sirene stando comodamente appollaiate su di uno scoglio, catturando i passanti sulle rare navi, ammaliandoli col canto, senza timore di essere scoperte.
Doveva confessare che Ulisse le era proprio piaciuto e anche Mario non era poi così male! Ma cosa poteva farci se era nata Sirena?
Quindi pian piano, pur mantenendo il suo portamento elegante, la parte superiore del suo corpo mutò: i suoi capelli divennero bianchi e i seni avvizziti, rivelando una notevole età. Poi si ricoprì completamente di squame, fino ad assumere nuovamente l'aspetto di uno splendido dentice.
Leucosia mosse bellamente le pinne guadagnando quota, alla ricerca della sua nuova e, finalmente, ultima vittima.
………………………………….

Dal giornale la Stampa di Torino, sezione cronache, poco più di un anno dopo.

"Durante ricerche archeologiche condotte in profondità sono stati  ritrovati al largo di punta Licosa, nel Cilento, i resti del sub torinese Mario…., misteriosamente scomparso durante un'immersione poco più di un anno fa e invano ricercato all'epoca, dopo la segnalazione dei suoi compagni di immersione.
La maschera subacquea conservava ancora una scheda micro SD con le riprese video effettuate nella sua ultima tragica immersione. Dalle immagini pare che il sub si sia spinto incomprensibilmente (dato che era esperto di immersioni) ad una profondità eccessiva inseguendo une grosso dentice.
Il fatto inspiegabile è che la colonna sonora della ripresa riporta, oltre allo sciabordio dell'acqua, una nitida voce femminile che canta "Stranger in the night".
Si è diffusa tra la gente del posto la voce che si possa trattare del canto ammaliatore di una leggendaria Sirena, che secondo le dicerie locali avrebbe frequentato la zona fin dal tempo del mitico Ulisse!

Ma la spiegazione reale è molto più semplice, anche se meno affascinante: Gli esperti, analizzata la SD hanno concluso che si tratta di una traccia sonora precedente, non completamente cancellata dalla scheda per un malfunzionamento dell'apparecchio."

martedì 20 ottobre 2015

Intervista...

Intervista in occasione della consegna del diploma d'onore del premio Giovane Holden al libro
 "Cara, cosa ci hai preparato per cena?"


Intervista immaginata da me come autore:
"Ci dica qualcosa sul più profondo significato escatologico della sua scrittura................"


Intervista reale:
"Siamo curiosi di sapere cosa è stato preparato per cena!"

domenica 27 settembre 2015

Cara, cosa ci hai preparato per cena?

Attestato di finalista al libro:
Cara, cosa ci hai preparato per cena?
Avventure del commissario Tartufini e della sua collaboratrice a quattro zampe


Ed ecco l'incipit del romanzo:


Bella si sveglia pigramente. Si stiracchia voluttuosamente, allungando con piacere le giovani membra. Quindi scende dal suo giaciglio e si dirige in cucina. Beve con gusto un sorso d’acqua.
Si guarda intorno. Tutti dormono ancora. Dalle persiane socchiuse filtra la luce del sole. È una splendida giornata. Bella pregusta, con sottile sensualità, l’infinito piacere di uscire fra poco con l’adorato Aldo.
Si accosta furtiva al suo letto, cercando di attirarne l’attenzione, ma il suo amato dorme profondamente. Non le resta che cercare di risvegliarlo con segni di affetto. A forza di insistere Aldo emerge lentamente dal sonno e, all'ennesima leccata ricevuta sulla mano, le accarezza negligentemente il capo.
Finalmente si alza, lasciando Enza ancora addormentata sull'altro lato del letto e si dirige in bagno, per gli interminabili (tali sembrano all'impaziente cane) rituali che precedono la loro uscita.
Poi, dopo una veloce colazione e un biscotto passato furtivamente anche a lei, il suo padrone si decide a vestirsi e metterle il guinzaglio. Era ora: si esce!

Effettivamente la giornata primaverile di metà Aprile è bellissima. Il sole sta già alzandosi dietro gli edifici contigui, emanando un piacevole tepore.
Bella trotterella al guinzaglio. È ben addestrata e potrebbe fare a meno di questo vincolo ma Aldo ne fa una questione di principio, vuole rispettare le regole.
Attraversato Corso Regina, entrano nel Parco della Pellerina.
Lo spettacolo offerto dal parco è superbo, con incredibili fioriture appena sbocciate. Bella osserva con interesse particolare i bianchi fiori di un susino, sapendo, per esperienza dalle precedenti primavere, che presto si trasformeranno in saporiti frutti che Aldo non mancherà di offrirle. Attraversata una parte del parco, raggiungono l’area cani, dove il suo padrone la lascia libera. I suoi amici e le sue amiche sono già lì ad aspettarla:..............



martedì 18 agosto 2015

Pallide Viole

Oggi la raccolta di poesie del Nonno ha raggiunto la dodicesima posizione nella classifica dei libri recentemente più venduti nel Kindle Store, di Amazon, nel settore Poesia.
Vedi:
http://www.amazon.it/gp/bestsellers/digital-text/1345039031/ref=pd_zg_hrsr_kinc_1_4_last

venerdì 31 luglio 2015

Cara, cosa ci hai preparato per cena?

Vi informo con piacere che il mio libro inedito (e tale dovrà rimanere fino alla fine del concorso) "Cara, cosa ci hai preparato per cena?" è entrato a far parte dei finalisti di quest'anno del concorso letterario  Giovane Holden.

Lista finalisti: http://www.premiogiovaneholden.it/
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Sono stati proclamati, come da bando di concorso, i finalisti della IX edizione del Premio Letterario Nazionale Giovane Holden che ha fatto registrare circa 1500 partecipanti provenienti da tutta Europa.

Il primo classificato di ogni sezione inedita (“A” romanzo, “B” racconto, “C” poesia) riceverà in premio una targa personalizzata e una pubblicazione ad personam dell’opera vincitrice di ogni sezione (in particolare per la sezione B una raccolta e per la sezione C una silloge) in una delle collane della casa editrice Giovane Holden Edizioni, con regolare contratto di edizione, entro il 31/12/2016; il secondo classificato di ogni sezione inedita riceverà in premio un’opera artigianale in legno proveniente da foreste certificate, interamente realizzata a mano, unico esemplare, a tema Libri-Giovane Holden e una fornitura di cinque libri; il terzo classificato di ogni sezione inedita riceverà in premio una coppa personalizzata; il segnalato e/o premio speciale di ogni sezione inedita riceverà in premio una pergamena personalizzata.
Il primo classificato di ogni sezione edita (“D” romanzo, “E” poesia) riceverà in premio una targa personalizzata e soggiorno di un week-end (due giorni, una notte) a Viareggio (Lu) c/o Hotel Esplanade per due persone nel 2016 in periodo da determinare di concerto con il vincitore; il secondo classificato di ogni sezione edita riceverà in premio un’opera artigianale in legno proveniente da foreste certificate, interamente realizzata a mano, unico esemplare, a tema Libri-Giovane Holden e una fornitura di cinque libri; il terzo classificato di ogni sezione edita riceverà in premio una coppa personalizzata; il segnalato e/o premio speciale di ogni sezione edita riceverà in premio una pergamena personalizzata.
A tutti i finalisti sarà consegnato un attestato di merito, ai vincitori di sezione una targa personalizzata.

I nomi dei vincitori verranno comunicati esclusivamente nel corso della cerimonia di premiazione. La mancata partecipazione alla stessa farà decadere dal diritto di accedere al premio vinto.
La cerimonia di premiazione si svolgerà sabato 26 settembre a partire dalle ore 16:00 nella Sala Ademollo della Provincia di Lucca (Palazzo Ducale – Cortile Carrara n.1) organizzata in collaborazione con l’Agenzia Letteraria I soliti Ignoti e con il Patrocinio della Provincia di Lucca. 

giovedì 16 luglio 2015

E' disponibile "Pallide Viole" in edizione cartacea

Ora è disponibile anche in forma cartacea la raccolta di poesie di mio Nonno: Pallide Viole"
Vedi:  http://www.amazon.it/dp/1515031942/
Ne riporto una delle ultime:

Al Sole!

O Elios benedetto; non c'è al mondo
cosa più bella e giusta, dopo Dio,
che il tuo divino raggio sfolgorante
che getta a fasci la tua luce viva
su questa terra che ti aspetta, come
t'aspetta il moribondo in sul mattino.
Tu solo, o Sol, col chiaro tuo calore,
rendi più lieta la vita ai mortali.
Tu sol sei giusto perché tutto irradi:
e il tugurio del povero e la vasta
magion del ricco e il prigionier che langue,
senza conforto nel carcere duro,
e infine al verme, che non muore mai[1]
e come te vivrà in eterno! O Sole
che per tutti risorgi dal creato,
tu solo basti a provar l'esistenza
della Persona che governa il mondo.
"O bell'Astro maggior della natura"
come già t'appellò nel verso irato
il fiero e scarno Fiorentin loquace!
O bel Sole di Roma! O Sole atteso
dal piccolo mortale, dal fil d'erba
e dall'aulente e profumata rosa.
Salve o divino, che col tuo splendore
rendi meno penosa al grave infermo
la sua agonia che lentamente scende.
Oh, trasportami, o Sol, qual fresca e pura
rugiada, ne gli altissimi recessi
dell'infinito tuo, chiaro e sereno.
"O Frate sole"! ti cantava un giorno
di Cristo il poverello, "sia laudato
lo tuo Creatore e lo tuo Bon Signore".
Salve a te dunque, o indispensabil Sole!
O Sole necessario più del pane
o sole della vita e della gloria!

Lavagna, 1 Giugno 1944




[1] Il verme non morrà. (A. Boito)

martedì 14 luglio 2015

Autobiografia di Iunta

Sto trascrivendo la autobiografia di Iunta, che me la sta dettando. Non so però se la completerò, perché a volte lei è stanca e non ha tanta voglia di continuare a raccontarmi.  Ecco l'inizio:

Il nulla.
Poi pian piano qualcosa emerge da un mondo indistinto.
Un universo di odori caldi, inebrianti, vivi.
Odore di pelo caldo e umido, sentore di qualcosa di promettente e gustoso.
Il nuovo io prende coscienza e striscia verso la fonte del piacere. Il percorso è difficile, anche se, in qualche modo, gradevole. Corpi pelosi e caldi ostacolano il suo avanzare, ma la sua insistenza è infine appagata: stringe tra le labbra un'appendice carnosa, da cui succhia un liquido gustoso e inebriante. Senza rendersene conto ripiomba dolcemente in un oblio sognante.
Così è cominciato il miracolo di una nuova vita...
Passano pochi giorni trascorsi tra il dolce sognare e il delizioso succhiare. Impara anche a fare le sue funzioni corporali, stimolata dalle accorte leccate della mamma, che dolcemente le risvegliano i relativi organi..
Poi scopre che non esiste solo l' olfatto: apre a poco a poco gli occhi e le si stappano le orecchie.
Vede con immenso piacere la massa bruna e rassicurante della sua Mamma. Vede gli esseri pelosetti e  graziosi che le contendono le amate tette. Ode i mugolii dei fratelli e delle sorelle. Prende coscienza del suo io, non solo fatto di labbra desiderose di succhiare e di odori, ma del suo corpo, delle sue zampe, della sua coda.
Presto comincia a giocare con i pelosetti suoi simili, con affettuose zampate e morsicchiate sulle estremità triangolari che sporgono dalla protuberanza di quei corpicini. In bocca le spunta qualcosa di appuntito che le rende più piacevole mordicchiare. I suoi simili però ogni tanto protestano e la mamma interviene a nasate a frenare il suo entusiasmo.
...........
Mi sveglio e ho subito una strana sensazione, come di vuoto e di paura. Cosa sta succedendo? La Mamma non c'è. Vedo i miei fratelli e le mie sorelle arrotolati su se stessi, stretti gli uni contro gli altri, ancora addormentati, ma la rassicurante massa bruna, fonte di vita e di piacere non c'è. Ho un attimo di panico, ma ecco! Lei arriva trotterellando veloce, con qualcosa che emana un piacevole odore, in bocca.
Lo posa vicino al suo giaciglio e ci controlla con uno sguardo veloce. Poi si china su quanto ha portato. Io mi avvicino curiosa, attirata dal profumo sconosciuto, ma inebriante, che emana da quel qualcosa.
È un corpo allungato, con frammenti attaccati a qualcosa di più duro, con una serie di sottili oggetti appuntiti che si dipartono da una specie di bastone centrale. Vorrei provare a toccare con la mia bocca per capirne di più, ma la Mamma me lo impedisce con una serie di nasate imperiose. Io mi arresto timorosa e osservo il lavoro di Lei: con piccoli morsi stacca i pezzetti che sembrano più morbidi, separandoli dal corpo duro centrale con le tante protuberanze sottili e appuntite. Poi prende in bocca, con attenzione, quest'ultimo pezzo e lo sputa più lontano, controllando con occhiatacce che mi lancia, che io non mi muova.
Ritorna e questa volta mi spinge con dolcezza verso il mucchietto odoroso. Ne prende un pezzetto in bocca e me lo porge. Rassicurata mi avvicino, lo annuso con piacere e lo metto in bocca. È morbido, ma ha una certa consistenza: è un piacere mordicchiarlo ed inghiottito gustandone il delizioso sapore. Così diverso dal liquido che esce dalle amate tette, ma così buono! Mi avvicino per prenderne un altro pezzo, ma la Mamma questa volta mi respinge: si sta avvicinando il resto della cucciolata, che nel frattempo si è svegliata e Lei controlla che tutti ne abbiano una parte.
........
Stiracchiandomi apro gli occhi e vedo che anche questa volta Lei non c'è, ma questa volta non mi preoccupo, so che tornerà con qualcosa di buono per noi. Ma ecco che vedo avvicinarsi due figure strane: sono altissimi e camminano su due zampe! Il primo istinto è di paura, ma anche di curiosità. Mi rassicura il fatto che anche i miei fratelli sono svegli e controllano cosa succede. Ma i due si avvicinano molto lentamente, emettendo strani suoni che sembrano rassicuranti. Uno dei due si avvicina, si china e protende con dolcezza quella che sembra una zampa, ma che stranamente non usa per camminare, verso di me, strisciando la sua strana "zampa" sul mio pelo. La sensazione è piacevole.
Ma ecco che arriva di corsa la Mamma, che abbaiando, allontana i due, che indietreggiano rispettosamente, limitandosi a guardarci da lontano.
......
Ho cominciato a fare qualche piccolo giro attorno alla nostra cuccia. Riesco a fare un po' di passi, prima che Lei venga a riprendermi, afferrandomi dolcemente per la collottola tra i denti e riportandomi alla base. Ma appena posso, testardamente ci riprovo: il mondo è così interessante.
In una di queste esplorazioni ho scoperto un essere simile alla Mamma, a quattro zampe come lei, un po' più alto nero, ma invece delle buone tette, sotto la pancia, vicino alle zampe posteriori, aveva una buffa protuberanza. Mi guardava con curiosità, ma senza avvicinarsi troppo, e infatti dopo un po', al solito è arrivata la Mamma ad allontanarlo abbaiando, riportandomi indietro ancora una volta.
In un'altra occasione sono riuscita a girare dietro un angolo e, con sorpresa, ho scorto tanti di quegli alti bipedi: però non erano eretti sulle due zampe posteriori, ma seduti a gruppi su vari oggetti, costituiti ciascuno da una superficie piana sorretta da quattro specie di bastoni verticali. Comunque non c'era alcun dubbio su cosa stavano facendo: stavano mangiando! Il profumo di quanto stavano portando alla bocca, usando strani attrezzi che impugnavano con le zampe anteriori era inequivocabile: era simile a quello delle buone cose che la Mamma ci porta ogni tanto dopo i suoi girovagare.
Ingolosita mi sono avvicinata, ma un bipede grande e grosso, che stava distribuendo agli altri le buone cose da mangiare, mi è corso dietro gridando. Spaventatissima, senza aspettare la Mamma, sono tornata alla mia base.
.........
Qualcosa  sta cambiando. Lei si allontana sempre  più spesso, e non viene più a riprenderci di corsa appena io o i miei fratelli ci allontanano dalla base.
In compenso una volta che  l'ho seguita mi ha fatto vedere come si procura le cose buone che ci porta: dietro il posto dove mangiano i bipedi ci sono alcuni recipienti alti, pieni di cose che emanano un profumo stuzzichevole. Lei, alzandosi.sulle zampe posteriori, riesce ad afferrare qualcosa tra i denti e tirarlo fuori. Purtroppo i recipienti sono troppo alti per me, e io non ci arrivo, ma ho scoperto che a volte trovo cose buone anche a terra, cadute da questi contenitori. Ci passo intorno spesso, nella speranza di racimolare qualcosa. Una volta ho visto un altro quattro zampe, molto più grosso di mia madre, che ne  rovesciato uno, servendosi comodamente del contenuto fuoriuscito.Quando si è allontanato soddisfatto, mi sono avvicinata io e ho ancora trovato qualcosa di interessante.
Torno spesso anche dove i bipedi seduti mangiano. Mi sono accorta che lo fanno solo in certi orari, a metà giornata e la sera. Ho imparato ad avvicinarmi in silenzio,senza farmi notare da quello grande e grosso che mi ha cacciato la prima volta. Ho capito che se sto seduta, quatta, quatta, guardando i bipedi in silenzio, con aria affamata, qualcosa mi arriva quasi sempre.
........
La Mamma sta lontano da noi sempre più a lungo, ma con i miei fratelli e sorelle giochiamo sempre dii più, saltandoci addosso, mordicchiandoci e rincorrendoci. È il modo in cui passiamo la.maggior parte del tempo, quando non dormiamo o cerchiamo qualcosa da mangiare.
Le visite di bipedi alla nostra cuccia sono diventate più frequenti, ora che Lei non ci controlla più tanto.
Spesso sollevano uno di noi, amorevolmente, facendoci coccole e dandoci qualche pezzettino buono da mangiare. Oppure ci fanno giocare, facendoci mordicchiare qualche bastoncino. Sembrano buoni e sembrano volerci bene. Io li guardo con occhi desiderosi  di affetto e quando faccio così mi prendono subito in braccio.


lunedì 13 luglio 2015

Ho pubblicato "Pallide Viole" di mio Nonno

Disponibile su Amazon la raccolta di poesie "Pallide Viole" del nonno Romolo Ferrantini  in forma elettronica. A breve sarà disponibile anche la versione cartacea.

Prefazione del nipote Pier Giorgio
È con enorme emozione che ho scoperto, letto e trascritto "Pallide viole", raccolta manoscritta di mio nonno Romolo Ferrantini, che nel 1944 mise insieme una serie di sue poesie, scritte a partire dal 1906.
Al di là dell'affetto e nostalgia per il nonno, il libro ha, a mio giudizio, un notevole valore poetico ed è un'inestimabile testimonianza storica.
Le poesie hanno carattere e valore diverso. Alcune sono appena abbozzate e non sono state ben rifinite, altre sono comunque dei gioiellini.
Avrei potuto decidere di pubblicarne un'antologia, scegliendo le poesie, secondo me, più belle e significative, che sono numerose e affascinanti, ma con questa scelta avrei fatto un torto a Nonno e avrei recato un danno al lettore.
Infatti, al di là del valore delle singole poesie, il libro ha il suo fascino perché ricostruisce la vita di un italiano dal 1906 al 1944. Le poesie, trascritte dall'autore volutamente senza modifiche rispetto alla stesura originale, sono il ritratto di un uomo che attraversa un periodo storico con emozione, dai suoi slanci romantici e amorosi giovanili, alla profonda passione di giovane socialista fiducioso nella possibilità di costruire un mondo nuovo, alla satira sui politici corrotti e disonesti (ahimè quanto attuale). Si attraversa poi la tragica esperienza di due guerre mondiali, la perdita dei cari, le difficoltà economiche, le disillusioni dell'età matura, senza però che l'autore perda mai il senso di una profonda coscienza umana.
Raccomando quindi la lettura del libro a chiunque ami la poesia, ma anche a chi vuole percorrere, come ho fatto io, trentotto anni della vita di un uomo, attraverso l'evolversi delle sue rime in un contesto storico così difficile. Credo anche che questa lettura possa portarci delle riflessioni e dei suggerimenti, se guardiamo la situazione del mondo attuale, e pensiamo quanto poco insegnamento traiamo molto spesso dalla storia passata.
Anch'io ho ritrascritto il libro senza alcuna modifica (salvo la correzione di qualche piccolo evidente errore ortografico, dovuto probabilmente alla ricopiatura nel '44 del testo iniziale). Ho mantenuto la sequenza originale delle poesie (generalmente, ma non sempre rigorosamente cronologica), incrementate qua e là da poche riflessioni aggiunte dall'autore nel 1944, in occasione della fase della sua trascrizione, che ho cercato di evidenziare con un diverso carattere grafico, per meglio distinguerle dal testo restante.

Concludo dicendo che chi leggerà il libro e lo apprezzerà potrebbe completare questo percorso leggendo il poemetto "Una delle tante favole del nonno" scritto nel 1954 e quindi dieci anni dopo "Pallide viole", quando il Nonno aveva settanta anni, per celebrare il mio ottavo compleanno. È un fantasioso poemetto a me dedicato, che però, anche con l'introduzione e i commenti conclusivi che lo corredano, contribuisce a completare la figura di Romolo Ferrantini.

lunedì 22 giugno 2015

Estratto da "i Vampiri" di Romolo Ferrantini

Ecco il prologo di "Come i vampiri", scherzo lirico e satirico di mio nonno, scritto nel 1909:

Come i Vampiri

Un prologo e un atto
di
Romolo Ferrantini



Genova

Tipografia “Arte Mondana”


Scherzo lirico e satirico
in un prologo e un atto. 


L’azione si svolge in un paese,
anzi, nel Bel Paese di Vattelapesca.
Epoca, purtroppo presente.




Prologo

Mastro Pasticcia, dopo aver fatto un profondo inchino, incomincia.

Se il gran Poeta del cruccioso Achille
immortalò ne versi il furbo Ulisse.
Se il pieghevole Ovidio insegnò i mille
modi d’amare. Se Virgilio scrisse
l’avventura di quel fiero troiano
che origin diede al popolo Romano.

Se l’Alighieri scese a satanasso,
al Purgatorio e poi salì alle stelle.
Se Francesco Petrarca, Ariosto e Tasso
ci descrissero tante cose belle,
cantandoci di Laura tanto amata,
del fiero Orlando e della Liberata.

Se il buon Leopardi, col verso soave,
cantò di Silvia e del suo amor profondo.
E se d’Annunzio disse alla “Nave”
Arma la prora e salpa verso il mondo.
Nessun parlò di succhioni e succhiati
di ladri in guanti gialli e d’affamati.

Io sol perciò sarò l’umil cantore
che vendicando il vergognoso oblio,
metterò alla berlina il malfattore
che sfrutta questo mondo falso e rio
e perciò vi dirò con questo canto
di quei Vampiri ch’han succhiato tanto.

C’è un angolo di mondo così bello,
e forse a tanti molto conosciuto,
che si assomiglia al nostro un tantinello
tra voi però ben pochi l’han veduto
perché se pur non è tanto distante
per andar là bisogna farne tante.

Io non potrei ridir come v’andai;
il vino che bevetti il giorno avanti
mi trascinò in un gran mare di guai.
E poiché il vino piace a tutti quanti…
e il suo maggior consumo è tra i signori
piace a me pur che vivo nei dolori.

Dunque quando fui giunto al “Bel Paese”
che a prima vista mi sembrò dei stolti,
vi trovai della gente assai cortese
e mi parve vedere in mezzo a molti
un uom che per quanto comandava
ognun per il naso lo menava…

E a lui che immaginai fosse il padrone
del territorio di Vattelapesca,
m’avvicinai con molta precauzione;
ma incontro mi mandò la sua fantesca
la qual con fare ardito e risoluto
recommi del regnante il suo saluto.

O donna bella, o donna assai graziosa,
che dall’aspetto sembri un po’ malata,
dimmi, sei tu del re la dolce sposa?
Ed ella mi rispose: Io sono stata
e sarò sempre la schiava di tutti
ier de’ stranieri ed or dei farabutti.

Ma il saper questo a te non ti conviene,
perché dalla tua giacca consumata
comprendo che non sai farmi del bene.
Ti dirò invece chi m’ha rovinata
e se verrai con me qualche mezz’ora
potrai veder chi gode e chi lavora.

Poi detto questo mi condusse via
facendomi passare per strade strette
brutte e tutte pien di……
che per andar prendemmo due barchette.
E arrivati che fummo presso il mare
entrammo in un casotto a desinare.

Là ci trovammo in mezzo a tanta gente;
tutti facchini dai visi abbronzati
che mangiavano il pane solamente,
al par di tanti poveri affamati:
eppur quella gente lavorava
e per cibarsi il solo pan mangiava.

Uscii di là col cuore addolorato
e con la mente mia triste e confusa
maledicendo questo brutto stato,
ma la guida sorpresa disse: Scusa,
se impressione t’ha fatta l’osteria
guarda la gente che dorme per via…

Qui non soltanto il buon lavoratore
soffre fatica e mangia il pane nero
languendo tra gli spasmi e il dolore
ma perfino un tugurio, questo è vero,
non ha per riposarsi e nell’inverno
il suo padron di casa è il Padre Eterno,

E se dopo un milione di preghiere
gli si concede un misero riparo
ci deve perder la giornata intiera
a supplicar per poi pagarlo caro,
ma prima di occupar l’appartamento
deve fare perfino il testamento.

Infatti si domanda in prima cosa
che numero possiede di bambini;
l’età che potrà avere la sua sposa
se lui guadagna pochi o assai quattrini;
se presentare può la garanzia,
l’atto del matrimonio, e …così sia.

E dopo questo per abitazione
gli si dà un sito brutto, sporco e tetro
al primo piano sopra al cornicione
col cesso largo appena mezzo metro
nel quale manca l’acqua e la cucina
è scura e bassa come una cantina.

Le strade ben le vedi sono strette;
dalle finestre pendono i lenzuoli,
le camicie, le maglie, le calzette
e i vasi della…dai poggioli.
Perché da queste parti non ci viene
neppure lo spazzino dell’igiene.

Quel grande casamento è l’ospedale
che dovrebbe ospitare il sofferente;
ma credi tu che lì si curi il male?
Tutt’altro caro mio, tu non sai niente:
chi entra in quel grandissimo palazzo
potrà uscir, dopo tanto o morto o pazzo.

E quella casa bassa che tu vedi
con quel giardino e quelle vecchie mura
quella è la scuola, ma se tu non credi,
apri la porta e non aver paura.
Guarda che angusti siti umidi e stretti,
ebben qui si fa scuola ai fanciulletti.

E quel che vedi seduto
in mezzo a tutti coi capelli bianchi,
è il buon maestro che non ha un minuto
di tregua e che guadagna ottanta franchi.
Come, ti fa impressione o pur t’incanta?
che un maestro guadagni due e cinquanta?

O caro mio, c’è allor chi sta più male
del povero maestro e non si lagna…
C’è chi lavora nel meridionale
 e in altre terre, che appena guadagna
settantacinque centesimi al giorno
e quando piove non guadagna un corno.

Ed or ch’hai visto una piccola parte
di questo regno pien di poveretti
seguimi che vedrai il regno di marte
lo stato dei signori dei protetti:
ma prima che tu entri in questo sito
per carità abbottonati il vestito.

Perché se questa gente che ti mostro
porta il colletto, i guanti, il bastoncino
e le mani non ha sporche d’inchiostro
al par di un affamato scribaccino,
possiede per disgrazia certi denti
che sanno masticare i bastimenti.

Dunque, dopo mezz’ora di cammino
ci trovammo in quartieri lindi e belli
dove in ogni piazza c’era un bel giardino
pien di rose violette e campanelli;
le vie pulite; i negozi ordinati;
finestre belle e portici dorati.

Osserva disse allor la guida mia,
l’uguaglianza social di questo regno,
qui l’ordine, laggiù la porcheria,
qui le ricchezze, là li stracci in pegno:
e per di più, in questo caro paese,
qui c’è chi spende, là chi fa le spese!

E quella specie di tempio pagano
che vedi pien di pubblico stimato,
è la Borsa che succhia piano, piano
il sangue del commercio e dello stato.
Ma sai come la chiama il popolino?
La Borsa del brigante Mussolino!

Però mentre noi due si camminava
usciva da un bellissimo villino,
un uomo ben vestito che portava,
guanti, catena d'oro, l'occhialino
e dava il suo gran braccio a una signora
col pelo…come i gatti dell'Angòra…

Chi è quel personaggio altolocato
con quel gran collo e quella grossa pancia?
La guida mi rispose. È un blasonato
che n'ha fatte più lui che Carlo in Francia,
e quella dama che gli sta vicino
era alloggiata un giorno in un……

Han svaligiato Banche e Ministeri;
sottraendo danari e documenti
e che profondi inchini che gli fanno
benché vivan rubando tutto l'anno.

Ma tante cose ancor ti vorrei dire,
e tante vorrei fartene osservare,
se non incominciasse ad imbrunire.
Seguimi dunque e presto andiamo via
perché devo recarmi a casa mia.

Tutto dicesti; tanto già narrasti,
dissi alla guida che mi stava accanto
ma del regnante tuo non mi parlasti.
E…sul suo conto avrei da dirne tante…
ma non lo posso, disse; è tanto il male
che ho paura del Codice penale!

Poi non vidi più nulla. Mi svegliai
di soprassalto guardando confuso,
e la mia guida non ritrovai.
M'ero dunque sbagliato? M'ero illuso?
Non lo potrei spiegar! Voi lo sapete
che il Bel Paese conoscete.

Perciò io da tal sogno ebbi l'idea
di riprodurvi un po' la scena vera
di qualcosa di quel che visto avea.
M non potendo far la scena intiera
mi limitai a presentarvi solo
alcuni personaggi a volo.

Dunque son certo che mi scuserete
e per di più vorrete compatire
quanto vi dissi; quello che vedrete
e tutto quello che potrà avvenire.
Però, se in tutti i casi v'annoiate,
prendetemi soltanto a bastonate.